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L’INFORMAZIONE NON DEVE MAI ESSERE POPULISTA L'Avvocato risponde 

L’INFORMAZIONE NON DEVE MAI ESSERE POPULISTA

Oggi, con l’aiuto dell’avvocato Simone Labonia, che ci porterà per mano a commentare una sentenza della Corte di Cassazione, affronteremo un argomento che, ovviamente, ci sta molto a cuore, perché riferito ai doveri dell’informazione a mezzo stampa.

La sentenza di cui parliamo è la 6463/2016, e verteva sul ricorso di un professionista, avverso una pronunzia territoriale che, riformando la sentenza di primo grado, aveva assolto un giornalista ed il suo direttore responsabile dall’accusa di diffamazione a mezzo stampa.
Il ricorrente faceva presente un mancato rispetto della verità nel narrare i fatti, che erano stati invece falsificati, per fini unicamente diffamatori.
La Suprema Corte ha sancito che non era condivisibile l’affermazione dei giudici di secondo grado, secondo cui: “il lettore medio non possa essere destinatario di distinzioni troppo sottili e debba, in conseguenza, accontentarsi di una informazione più grossolana”.
E’ questa una concezione puramente paternalistica (termine inteso nel senso peggiore), che legittima una sorta di “populismo dell’informazione” impostata in maniera scandalistica, accomunando persone e fatti in modo contorto, per creare una voluta confusione alla corretta conoscenza, (che deve essere figlia di un’informazione chiara e puntuale).
Indubbiamente le parole dei giudicanti in Cassazione sono state oltremodo illuminanti, e devono essere il filo conduttore che qualunque operatore dell’informazione non dovrebbe mai disconoscere.

Esiste una ufficiale “Carta dei Doveri del Giornalista”, sottoscritta dal Consiglio Nazionale e dalla Federazione della Stampa Italiana nell’anno 1993, in cui si precisa che il lavoro d’informazione, deve ispirarsi ai principi della libertà di opinione, sanciti dalla Costituzione Italiana e regolati dall’articolo 2 della Legge 69/1963.
Non deve mai essere persa di vista l’osservanza delle norme di legge, dettate a tutela dell’altrui personalità, mantenendo l’inderogabile obbligo del rispetto per la verità sostanziale dei fatti, osservati e valutati sempre con lealtà e buona fede.
Il rapporto di fiducia tra gli organi di informazione ed i cittadini è alla base del lavoro giornalistico: la responsabilità nello stesso, deve sempre prevalere nei confronti di qualunque altra finalità, rispettando le persone, la loro dignità ed il loro diritto alla riservatezza, fuggendo al contempo ogni comportamento discriminatorio.
Il saper correggere prontamente i propri errori ed inesattezze, e’ alla base di una pulizia mentale che deve caratterizzare una giusta operatività.

Per dovere di cronaca, riferiamo che il ricorso fu accettato, a monito di tutte le future generazioni di operatori del settore.

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